Arcadia Trust Company

In questa sezione puoi trovare le risposte a domande e a dubbi legati al trust e alla sua disciplina nel contesto dell’Ordinamento italiano.

Il trust in Italia è istituto giuridico riconosciuto dall’Ordinamento affinché possa sortire tutti i suoi benefici effetti (purché non in contrasto con l’ordine pubblico e con le norme imperative) e ciò è sancito dalla specifica legge di recepimento della Convenzione dell’Aja del 1985, Legge n. 364/89, entrata in vigore il 1° Gennaio 1992.
Il trust residente italiano non ha nulla di esotico, viene istituito dinanzi a Notaio italiano per Atto Pubblico e non ha alcun effetto elusivo, anzi. Il Trustee ha tutto l’interesse professionale ad assolvere, primariamente, a tutte le obbligazioni fiscali.
Semmai sono le norme tributarie italiane a concedere una condizione di particolare favore al trust: sia per le imposte indirette, con forti vantaggi nelle pianificazioni successorie, sia per le imposte dirette, attraverso l’applicazione dell’Ires su ogni genere di reddito che giunga al trust, spesso di entità minore rispetto alle aliquote Irpef personali.
Riguardo ai nascondimenti, nulla è più possibile con il trust. Le trust company italiane sono soggette ai controlli e al rigido rispetto della trasparenza internazionale imposta, in particolare, dalle IV e V Direttiva Europea in materia di antiriciclaggio, di recente recepite in Italia.

L’asset protection è uno degli “effetti” principali dell’istituzione del trust, anche se la “causa giuridica” rimane primariamente il passaggio dei patrimoni attraverso le generazioni. Il trust consente una piena separazione (e quindi protezione) dei beni personali da quelli disponibili e necessari agli investimenti e alle garanzie per le attività d’impresa e professionali. Nulla di ciò che accadrà in futuro all’Azienda potrà rendere attaccabili i beni e le liquidità conferiti nel trust: a differenza di quanto accade per le polizze assicurative, o per altri istituti, tali beni “escono completamente” dalla sfera giuridica del Disponente, per entrare nella sfera giuridica del Trustee, che a tutti gli effetti è un “terzo”, in quanto è lui il proprietario, sia formale sia sostanziale (pur se con una proprietà “finalizzata”), di tutto quanto viene conferito all’interno del trust.

Che ciò possa accadere è materialmente impossibile, al di là di leggende. In caso di beni immobili e partecipazioni societarie il Notaio trascrive, in Conservatoria dei Registri Immobiliari e nelle Camere di Commercio, la piena proprietà ma nella “qualità di Trustee” e pertanto mai un Trustee, seppur malintenzionato, potrebbe alienare beni senza che, in Atto Notarile, emergesse poi la sua qualità e dunque i limiti dei suoi poteri e la necessaria conformità al programma espresso all’interno dell’Atto Istitutivo del trust.
Altrettanto dicasi per i Bonifici dal Conto Corrente Bancario del trust: la Banca è tenuta a conoscere l’operatività del Trustee sul Conto, che è limitata soltanto alla sua qualità di Trustee del trust, e a conoscerne l’Atto Istitutivo; pertanto la Banca stessa sarebbe responsabile, in solido con il Trustee, di eventuali, e improbabili, malversazioni sul Conto Corrente del trust.
Pur dunque è vero che il Trustee abbia la piena proprietà degli asset, ma sempre è palesata la sua chiara funzione di “Trustee del trust”.     

Per una innumerevole serie di vantaggi. Per la separazione e protezione del patrimonio dai rischi d’impresa e professionali (come già spiegato in Risposta poco sopra); per la pianificazione successoria; per la riservatezza, seppur limitata a determinati contesti; per prevenire liti e dissidi familiari; per la tutela, o anche la semplice “particolare attenzione”, verso soggetti “deboli” fra i propri congiunti; per definire pienamente rapporti extraconiugali o extrafamiliari; per beneficiare soggetti terzi, per gratitudine o per intenti filantropici; per i risparmi fiscali, anche notevoli (motivazione “residuale”), concessi dall’Ordinamento italiano ai trust.
Oggi sono particolarmente sentite anche altre esigenze, come il preservare i propri figli e discendenti dalla improvvisa responsabilità che derivi dalla eventualità di trovarsi nelle mani, a momento ancora inopportuno, somme di denaro o valori ingenti, con il rischio di non esserne ancora all’altezza e in piena consapevolezza (nelle Polizze Assicurative i Beneficiari vengono in possesso degli asset senza che possa essere previsto alcun periodo che possa fungere ancora “da filtro”); come il prevedere che ci si approcci a un passo decisivo come il Matrimonio (per sé o per i propri cari) senza avere, indistinto dalla persona, un patrimonio anche ingente, che magari sarebbe opportuno rimanesse “separato e inattaccabile” nel caso di malaugurati rovesci; come il decidere tra i talenti dei propri familiari le funzioni e gli oneri, pur naturalmente conservando a tutti i benefici, della guida di un’impresa di famiglia o di particolari responsabilità; come il pensare per tempo alla propria età avanzata e a propri futuri bisogni, senza gravare sui liberi destini di figli e nipoti, e predisponendo, con le professionalità specifiche, tutto quanto potrebbe un giorno esser ritenuto necessario.    

Naturalmente no. Il trust, riconosciuto in Italia nei suoi effetti, mai potrebbe andare in contrasto con norme imperative quali la Successione Legittima. Eppure il trust può consentire il realizzarsi di alcune volontà che siano, come sempre deve essere in ambito trust, degli intenti meritevoli di tutela. Vi sono alcune conseguenze utili, nella istituzione di trust, a partire, ovviamente, dalla destinazione della quota cosiddetta “disponibile”. Ma possono scorgersi anche altre interessanti particolarità del trust, in caso di “azioni di riduzione” da parte di presunti “legittimari lesi”: una fra queste è che l’azione di riduzione può rivolgersi verso i beni (conferiti nel trust), mai verso i frutti (che si accumulerebbero nel tempo, per rispondere esclusivamente alle specifiche volontà di assegnazione previste come da desideri del Disponente, libere da ogni costrizione); un’altra è la peculiarità che il conferimento in trust “cristallizza” il valore delle somme in denaro conferite (a differenza di quanto accade per beni di diversa natura) “a quel preciso momento”: 10.000 euro conferiti oggi potrebbero anche divenire 1.000.000 in un domani lontano, ebbene l’azione di riduzione potrebbe avere come proprio obiettivo solo “quegli originari” 10.000 euro, mai il milione di euro che nel frattempo essi sono diventati.

Giammai. Mai una trust company operante in Italia, nel rispetto delle norme di legge, si presterebbe all’istituzione di un trust per tali fini. La situazione configurerebbe il reato di “Sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte” sia in capo al Trustee, che è figura professionale, che ha da tenere in considerazione la responsabilità che ne deriva, sia in capo al Disponente stesso del trust, che invece di una soluzione troverebbe dinanzi l’inevitabile procedimento penale.

Altrettanto no. Una fattispecie, opportuna, è la separazione dei propri beni dai rischi d’impresa e professionali “futuri”, situazione nella quale tali beni diverrebbero davvero inattaccabili, da chiunque, altra fattispecie, non consona, invece, è la pre-esistenza di debiti al momento della istituzione del trust: al creditore sarebbe sufficiente esperire l’azione revocatoria (purché entro il termine dei cinque anni; di un anno, purché con trascrizione, nel caso della cosiddetta revocatoria semplificata ex art. 2929) per entrare in possesso dei beni che gli sono dovuti a copertura del debito. Il trust potrebbe anche avere ragione di continuare ad esistere, l’azione revocatoria semplicemente “riprenderebbe dal conferimento” quei beni dei quali effettivamente non si aveva la piena disponibilità per il conferimento in trust.

Assolutamente sì. Semplicemente il trust non libererebbe di certo dall’obbligazione del Disponente, il quale avrebbe il dovere di proseguire nel pagamento delle tranche previste fino alla condizione di cancellazione del gravame o dell’ipoteca dall’asset.

Certamente sì. Per questo esiste la legge italiana di recepimento della Convenzione internazionale sui trust tenutasi all’Aja nel 1985. Dunque è possibile scegliere un Trustee/una trust company italiano/a e avere il proprio trust esclusivamente residente italiano. La Legge di Jersey, che viene scelta come “legge regolatrice” del trust dalla quasi totalità dei Trustee, ovunque operanti, è necessaria semplicemente perché la maggior parte dei Paesi non anglosassoni “non” si sono dotati di una propria “legge regolatrice” e adottano quella di Jersey. Ma ciò non ha nulla a che fare con l’avere sede, né rapporti con la isola del Canale della Manica chiamata Isola di Jersey. Nella realtà dei fatti, come ben sanno tutti i Professional Trustee, non è la “legge regolatrice” a regolare le vere condizioni di funzionamento e l’attuazione del programma del trust, quanto bensì tutto ciò che viene scritto (ed è un lavoro importante e congiunto, tra il/i Disponente/i e il proprio Trustee) all’interno dell’Atto Istitutivo del trust. Sarà quel documento, ripetiamo importantissimo, a rendere efficace ed efficiente il trust e a permettere di realizzare i desideri di coloro, o di colui, che hanno deciso di istituirlo.

Sì. Grazie alla cosiddetta Legge sul Dopo di Noi, la Legge n. 112/2016 voluta dal Legislatore italiano lo scorso 22 Giugno del 2016.

Assolutamente no. Questo è retaggio di una condizione del passato, quando, non essendo operanti Trustee residenti italiani, era necessario costruire strutture complesse e rivolgersi necessariamente a Trustee esteri. Oggi non è più così, gli onorari del Trustee sono alla portata di tutti, anche per la messa in protezione di beni del valore complessivo di qualche centinaia di migliaia di euro o anche molto meno. Non è l’entità della propria ricchezza a dover orientare verso la istituzione di un trust, quanto piuttosto la finalità: di passaggio intergenerazionale in protezione; di separazione di beni da sé; di responsabilità verso i propri cari e verso la propria pianificazione degli averi e dei desideri.

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